Il terzo sabato di giugno, come consuetudine, i cinque rioni faentini si affrontano in piazza del Popolo a colpi di tamburo, a squilli di chiarine e a passaggi di bandiere nel “Torneo degli Alfieri bandieranti e Musici”, nella specialità del Singolo, della Piccola Squadra e della Grande Squadra e Musici. In squadra o da soli, gli alfieri faentini si allenano tutto l’anno per sfidarsi di fronte ai giudici di gara per far prevalere i propri colori, sempre accompagnati e supportati dai musici del proprio Rione. Il giorno seguente, insieme al Giuramento dei cavalieri che correranno al Palio, si sfideranno gli sbandieratori della Coppia, che potete vedere nei video pubblicati questa settimana. Accompagnati da un tamburino, cercheranno di aggiudicarsi la Botte con 50 litri di Albana, con la quale i primi classificati brinderanno nel loro Rione.
Le gare interne hanno sia lo scopo di innalzare i colori più meritevoli sulla città, che di scegliere i musici e gli alfieri che andranno a rappresentare l’Ente Palio di Faenza nelle gare nazionali, dove la città manfreda compete contro le migliori città italiane. Ma come si giudicano queste gare? Perché ha vinto ‘Tizio’, anche se ha fatto cadere una bandiera, e non ‘Caio’ che ha fatto un esercizio perfetto? Perché un esercizio è considerato più difficile di un altro? Abbiamo rivolto tutte queste domande, per la categoria delle bandiere, a Nicola Solaroli e a Giulia Timoncini, giudici Fisb (Federazione italiana sbandieratori).
Intervista a Nicola Solaroli e Giulia Timoncini
Quando ti sei avvicinato al mondo delle bandiere?
Nicola: Mi sono avvicinato grazie a un progetto alle scuole medie sui Manfredi: si poteva scegliere se suonare o sbandierare e io scelsi la seconda, poi ho continuato fino al 2006.
Giulia: Mi sono avvicinata una decina di anni fa tramite un gruppo di amici con cui andavo sempre a vedere le gare in piazza e Nicola che mi parlava spesso di questo mondo.
Come si diventa giudici o segretari?
Nicola: Quando la Federazione ritiene di dover aumentare l’organico indice un corso. Normalmente per partecipare occorre avere 21 anni e spesso la federazione pone altre condizioni come un numero massimo dei promossi o una limitazione sugli elementi di giudizio a cui si può accedere. Per diventare ispettori o si fa un corso o si è nominati dalla Federazione: si richiedono però un minimo di cinque anni di esperienza e competenze di tutti gli elementi delle bandiere o dei musici.
Giulia: Per diventare segretari normalmente si fa un corso e una serie di gare in aiuto alla segreteria ufficiale dove si impara la gestione effettiva del software e delle schede di giudizio. Una volta parte del gruppo giudici, tutti gli anni si fa un test di esame per gli elementi in possesso. Inoltre, bisogna dare almeno sei disponibilità l’anno (su un totale di circa 50 gare annuali).
Da quanto tempo giudichi? E quanti sono i giudici faentini?
Nicola: Sono diventato giudice nel corso di Pescia del 2007 e poi ispettore nel corso del 2015 svoltosi qui a Faenza.
Giulia: Io sono entrata nel Gruppo Giudici come segretaria nel 2016, al corso di Ascoli Piceno. Da quest’anno sono anche giudice. A Faenza siamo una decina, il più “anziano” è Giordano Grilli che è in federazione da 50 anni e giudice da più di 30.
Bandiere: giudizio su Esecuzione, Composizione e Difficoltà
Nicola, prima tu, e poi Giulia, avete nominato degli “elementi” da tenere in considerazione, quali sono?
Nicola: L’esercizio a livello di giudizio viene diviso in elementi, per le bandiere sono tre: esecuzione e portamento, composizione e in ultimo difficoltà. Il punteggio massimo per tutte le gare è 30 punti. A seconda dell’esercizio il peso dei tre elementi è diverso. Nel singolo per esempio la difficoltà ha il peso maggiore. Il portamento riguarda la postura dell’atleta o degli atleti: come si approcciano allo strumento e come si pongono rispetto all’esercizio in termini di velocità, eleganza e fluidità (ma si guarda anche se stanno dritti o se fanno smorfie). L’esecuzione, che si giudica insieme al portamento, comprende tutti gli errori che possono essere commessi dagli atleti. Sono molti di più di quanti possano sembrare, ma i più evidenti sono gli spostamenti: nel singolo fare un passo per prendere una bandiera dopo un lancio vuol dire prendere una penalità. Altre penalità sono i fuori tempo o imperfezioni che pregiudicano l’esercizio come anche la presa della bandiera per l’asta o per il drappo invece che sul manico. Nell’esecuzione le penalità sono divise in lievi (0.15 punti per singoli e coppie, squadre 0.10 pt), medie (0.30 pt, 0.20 pt), gravi da 1 pt e speciali (presenza di talco sulle bandiere, imprecazioni o bestemmie, comportamenti antisportivi), da 2.5 punti.
Gli errori più penalizzanti
Gli errori più conosciuti sono invece il piombo e la stesa. Qual è la differenza fra loro?
Nicola: Il “piombo” è quando la parte in fondo della bandiera, dove c’è la piombatura, tocca terra, con una penalità di 0.4 punti; la “stesa” è quando la bandiera cade completamente a terra ed è sanzionata con 0.9 pt. Esiste anche il fuori campo, cioè quando la bandiera esce dal campo di gara e prevede 1.5 pt. Nel caso di stesa non è contata neanche la difficoltà. Se in seguito a un errore l’asta tocca terra, ma l’alfiere riesce a evitare che tocchi terra anche il piombo, magari con un piede, non è né stesa, né piombo, ma viene sicuramente assegnata un’altra penalità di esecuzione.
Giulia: Tra le penalità gravi, da 1 pt, che riguardano eventi come la caduta a terra di un atleta o la rottura di una bandiera, ne esiste una chiamata “interferenza”, che il pubblico generalmente non riconosce ma avviene abbastanza frequentemente ed è quando un atleta salva volontariamente dalla caduta la bandiera di un altro.
“Vedere l’esercizio dal fianco o da dietro, come capita al pubblico, è molto diverso rispetto a vederlo dal palco”
Per quanto riguarda gli ultimi due elementi?
Nicola: La composizione guarda come è costruito l’esercizio quantitativamente: quanti lanci, quante figure, quanti spostamenti, quanti movimenti artistici, ma c’è anche una parte soggettiva lasciata al giudice, che valuta i momenti caratterizzanti del gruppo che vengono riconosciuti come originali o spettacolari. Ovviamente ci sono delle linee guida per uniformare la soggettività. La difficoltà invece riguarda i lanci ed è una valutazione del rischio di caduta della bandiera. Più è difficile, più il punteggio preso è alto. Non è detto che il giudice riconosca tutta la difficoltà, perché il lancio può non essere eseguito come richiesto dal regolamento o perché, a causa del vento, gli atleti possono “declassarlo” per evitare errori più gravi.
Giulia: Il giudice non conosce l’esercizio che viene portato in piazza e giudica sul momento quello che vede dal palco. Vedere l’esercizio dal fianco o da dietro, come capita al pubblico, è molto diverso rispetto a vederlo dal palco. Fra l’altro sul palco, con la giuria massima, due giudici dello stesso elemento non sono mai vicini, ma distribuiti sul palco per avere angoli di visuale diversa.
Quanti giudici sono coinvolti in una gara?
Giulia: Gli organizzatori delle gare possono scegliere fra due tipi di giurie: la minima, con un giudice che controlla ogni elemento, come è stato domenica 3, e la massima, come sabato 16 e domenica 17, con tre giudici per ogni elemento. La differenza sta nel calcolo del punteggio finale, perché nella giuria massima, per ogni elemento si scartano il punteggio più alto e il più basso. Oltre ai giudici ci sono i segretari (2), gli ispettori (2), e i giudici di campo (1 o 2) che controllano le bandiere, il numero degli atleti, se i costumi sono a posto ecc. Altra variante è la doppia segreteria (4 persone), che prevede due segreterie che ricalcolano la gara separatamente, garantendo quindi un doppio controllo incrociato, molto comodo. Con le giurie massime serve la segreteria doppia, quindi il 16 tra campo di gara e palco lavoreranno 30 persone per garantire validità e correttezza nell’andamento delle gare.
Cogliamo l’occasione per augurare a tutti una buona gara e per ringraziare alfieri e musici di tenere sempre alto il nome di Faenza a livello nazionale.
A cura di Chiara Cenni