Udite, Madonne et Cavalieri
de’ turriti castelli della val D’Amone
delle piane ubertose di Romagna,
genti terriere et genti forestiere.

Accorrete alla tenzone ch’ogn’anno
Si corre nel di’ di Santo Pietro. (nella quarta domenica di giugno)
Dalla Porta del Ponte et Montanara,
dalla Porta Imolese et Ravegnana e da Durbecco
Dame e Cavalieri, armigeri e balestri
muoveranno, alte portando le insegne dei Rioni
per disputar sul campo della giostra
l’ambito palio ch’al vincitor compete.

E voi, Madonne, festeggiate i Cavalieri ch’all’incontro giostreran da prodi
Non meno di colui che lauro conquisterà
nella contesa.

Alti volteggeran nel vento, d’abilissimi alfieri,
gli stendardi et scalpitar di destrieri
et balenar d’acciari, rinverdiranno
i fasti della città manfreda.

È con queste parole che l’araldo municipale annuncia la corsa del Palio del Niballo in Piazza del Popolo. Dopo di lui, il Maestro di Campo pronuncia la formula con cui dà il via al Corteo Storico:

Capi Rione, Cavalieri, uomini del Corteo, siate degni dei vostri colori e della bellezza delle vostre Dame. Si vada al Campo a disputare la Giostra!

L’araldo municipale interverrà poi a leggere il bando anche al Campo della Giostra, così come lo aveva già fatto la sera del Giuramento ed era intervenuto la sera della Nott’ de Bisò. Figura presente in quasi tutte le manifestazioni del Niballo, l’araldo municipale, nei giorni del Torneo della Bigorda d’Oro e del Palio del Niballo, è accompagnato anche dagli araldi rionali. Ognuno di loro ha il compito di presentare con la propria voce la parte di Corteo Storico che gli compete: il Gruppo Municipale per l’araldo municipale, i Rioni per quelli rionali. L’araldo rionale è una figura più recente, introdotta a partire dai primi anni Duemila, ma che ha saputo ritagliarsi un proprio spazio, tanto che nel 2018 la Deputazione per il Niballo, comitato scientifico di riferimento dell’Amministrazione comunale, ha proposto un premio in onore del miglior araldo. Ogni anno viene suggerito un argomento o un periodo storico preciso sul quale basare i testi degli araldi e l’oggetto del premio è sia la ricerca storica che porta alla costruzione del testo, sia l’abilità scenica con la quale viene presentato. La semplice descrizione del corteo, infatti, non è più sufficiente: si deve raccontare la storia del rione, dei suoi edifici e dei suoi abitanti che magari sono rappresentati anche all’interno del corteo. L’araldo municipale, invece, non avendo un territorio di riferimento, racconta gli eventi storici accaduti a Faenza e alcuni personaggi di spicco della signoria.

La figura dell’araldo nel Medioevo

Palio del Niballo, 1980. Lettura del Bando

L’araldo medievale era un pubblico ufficiale presente nelle corti dei grandi sovrani e dei feudatari, ma anche dei grandi ordini cavallereschi, all’interno dei quali copriva molteplici ruoli. Nel parallelo più immediato con il Niballo, l’araldo medievale presiedeva i tornei e le giostre equestri, annunciando i cavalieri e commentando quanto accadeva, fino a dichiararne il vincitore. Per l’araldo era fondamentale saper “blasonare”, cioè riconoscere i blasoni, gli stemmi dei cavalieri partecipanti ai tornei (che dal XII secolo iniziano a essere ben definiti). Questa capacità era usata anche sul campo di battaglia, dove aiutava i comandanti a riconoscere le truppe. Bisogna ricordare, infatti, che nel medioevo le uniformi militari come si intendono oggi non esistevano e non c’era altro modo, se non il blasone, per riconoscere i combattenti e capire come si stavano evolvendo le battaglie. Da queste necessità e dal ruolo dell’araldo, prenderà poi il via l’araldica: il sistema di identificazione di famiglie, persone e linee di discendenze fatta attraverso gli elementi grafici che compongono lo stemma e la loro disposizione. I compiti dell’araldo non finivano qui: partecipava alle cerimonie di corte, curava i registri di nobiltà, gli armoriali (raccolte di stemmi) e, cosa forse più importante, svolgeva il compito di messaggero (a volte anche di ambasciatore) sia in tempi di pace che di guerra. In questo caso godeva di inviolabilità, non poteva quindi essere catturato o attaccato. Nel suo ruolo si distingueva dall’uso della cotta d’arme, una sorta di sopravveste in tessuti serici sulla quale erano dipinte o ricamate le figure araldiche di coloro a cui l’araldo prestava i propri servigi. Al suo fianco poteva esserci un Postulante, figura che al tempo stesso era aiutante e discepolo dell’Araldo. Va detto che nel Medioevo e nel periodo di riferimento del Palio del Niballo (1410-1501), oltre all’araldo era presente anche la figura del banditore e per certi aspetti i due si fondono fino a creare gli araldi del corteo di oggi.

Il banditore medievale: chi era?

Cristoforo de Predis, dal codice Historia del Nuovo Testamento, Lettura dell’editto, 1476, miniatura, Torino, Biblioteca Reale

Il banditore medievale era invece colui che leggeva i bandi, dal termine gotico bandwa (segno) e dal latino medievale bandum o bannum (annuncio pubblico). Si trattava di un ruolo pubblico fondamentale per la vita cittadina, poiché essendo la popolazione largamente analfabeta, il banditore faceva da “ponte” tra le decisioni amministrative e la popolazione incapace di informarsi in maniera autonoma. Accompagnato da un suonatore di tromba, o fornito lui stesso di trombetto (o tamburo), girava la città fermandosi per le vie e piazze più frequentate e dopo uno squillo introduttivo, leggeva ad alta voce quanto era scritto sul documento che gli era stato fornito. Poteva trattarsi di eventi di grande importanza, come un trattato di pace (o una dichiarazione di guerra), ma anche provvedimenti giudiziari o economici, o semplici disposizioni per la vita e la sicurezza della popolazione. Se da un lato questo era il momento in cui leggi e ordinanze venivano annunciate e spiegate al popolo, dall’altro era anche occasione per trasmettere un messaggio politico e acquistare la benevolenza del popolo. Tra i doveri dei banditori, col tempo, si aggiunge la necessità di conoscere e saper gestire l’applicazione dei regolamenti e delle ordinanze cittadine, ma anche le procedure per rendere pubblici gli atti. Se un’ordinanza non viene correttamente “pubblicata”, cioè letta e diffusa, allora la sua effettività è messa in discussione. È facile intuire come un’ulteriore evoluzione della figura porti il banditore a somigliare a un moderno ufficiale giudiziario, con l’incarico di portare le citazioni e supervisionare l’esecuzione delle sentenze. D’altra parte, in cambio di un pagamento diretto, il banditore poteva diffondere annunci privati: dalla ricerca di un bene smarrito alla pubblicità di mercanti e artigiani, fino all’annuncio di fiere e mercati.

Anche oggi dunque, quando ascolterete i nostri araldi faentini nel mese di giugno, ricordatevi degli araldi e dei banditori medievali, del loro ruolo e dell’impegno che si cela dietro questo compito.

di Giulia Timoncini