La serata di domenica 18 giugno traghetterà definitivamente Faenza nella settimana del Palio, con il Giuramento dei Cavalieri del Niballo e la Gara a Coppie fra gli sbandieratori dei cinque rioni. Al centro dell’attenzione avremo sicuramente l’onore rionale dei fantini, che scenderanno in campo allo stadio Bruno Neri domenica 25, così come la preparazione e i virtuosismi tecnici dei due alfieri bandieranti per ciascun rione. Ma ci sarà sicuramente anche un altro protagonista: l’Albana dolce, che riempie generosamente la tradizionale botte di legno da 50 litri donata in premio alla migliore coppia di sbandieratori.

UN VINO DALLE FORTI RADICI STORICHE

Non è forse un caso che il vino scelto per la “Gara della Botte” affondi le proprie radici non solo nel cuore della Romagna (con la sua zona di produzione compresa fra Imola e Cesena), ma anche nella storia del territorio. La leggenda vuole che Galla Placidia, figlia dell’imperatore Teodosio, degustò l’Albana durante una breve sosta in un paesino romagnolo che giaceva poco distante dalla via Emilia. Il vino le fu servito in un’umile tazza di terracotta, ma appena assaggiato la principessa non poté fare a meno di esclamare: “non di così rozzo calice sei degno, o vino, ma di berti in oro!”. E la località prese il nome da quell’espressione: Bertinoro. Ulteriori leggende narrano che un altro imperatore, questa volta Federico Barbarossa, fosse un grande estimatore dell’Albana ed indulgesse frequentemente in un consumo smodato di tale vino.

Ma se abbandoniamo le nebbie del mito per approdare a documenti storici di veridicità più solida, troviamo l’Albana citato nel Opera d’agricoltura di Pier de’ Crescenzi, l’agronomo bolognese che nella sua opera del Trecento descriveva questo vino come “potente e di nobile sapore, benserbevole e mezzanamente sottile… e questa maniera d’uva è avuta migliore di tutte le altre a Forlì e in tutta la Romagna”. Altre documentazioni attestano la presenza dell’Albana anche nel 1495.

Albana: QUALITA’ E PROMOZIONE, IL TRAMPOLINO VERSO IL FUTURO

albanaNon bastasse il leggendario apprezzamento d’imperatori o il parere di esperti del Medioevo, nel 1987 l’Albana è il primo vino bianco in Italia e il primo vino in Romagna a conseguire l’ambita Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG). L’Albana di Romagna si presenta in cinque versioni: secco, amabile, dolce, passito e passito riserva, per un totale di 600mila bottiglie all’anno. A queste si aggiunge il prodotto di nicchia dell’Albana spumante DOC, per gli amanti dei vini mossi. Con un’ampia offerta questo vino dal colore paglierino è dunque in grado di intercettare un pubblico vasto, piacendo sia a chi predilige vini più asciutti, sia a chi apprezza note più fruttate e zuccherose. In questo modo si potrà accompagnare l’Albana a piatti di carne o di pesce in versione secca, così come a formaggi e dessert nelle versioni più dolci.

Un vino però che può fare ancora notevoli passi avanti. Nelle province romagnole (che producono circa il 60% del vino regionale), l’Albana con i sui 853 ettari di vigneti giunge solamente al terzo posto dopo il dominio incontrastato del Sangiovese DOC (7.171 ettari), seguito dal Trebbiano DOC (4.388). Insomma, si può fare ancora molto per diffondere ulteriormente questa varietà tipicamente romagnola, ed in questa direzione vanno gli eventi organizzati dal Consorzio Vini di Romagna, come l’Albana Dei di Maggio, tenutosi anche a Faenza nel mese appena concluso. La speranza è che anche i vincitori della “Gara della Botte” possano apprezzare sempre di più questa rarità enologica, degustando attentamente i 50 litri che verranno donati al rione vittorioso.

Andrea Piazza