Nell’opera erudita Della storia e della ragione d’ogni poesia (7 voll., 1739-52), al libro IV, lo storico gesuita Francesco Saverio Quadrio, spiegando come nei romanzi cavallereschi si associno ‘altre persone a’ Cavalieri […] e quali fossero i loro doveri e le loro armature’, rifacendosi alla lezione del coevo Muratori, arricchisce la figura del cavaliere del ruolo di banderajo, o banneret in francese, radicato nelle istituzioni cavalleresche e feudali, puntualizzando che esistono tre tipi di bandiere, quelle dei re e dei sovrani, quelle dei nobili, ricchi e tali da poter avere le prerogative a radunare attorno a sé altre famiglie di identico ceto ma secondo una interdipendenza vassallatica, e quelle dei signori minori, chiamate pennoncelli o pennoni.

Immagine (come quella di copertina) tratta da: La Bandiera, di Francesco Ferdinando Alfieri, Maestro d’Armi dell’Illustrissima Accademia Delia in Padova, 1638.

Il valore della bandiera

Valido e semplice strumento informativo e partecipativo nell’ambito della società medioevale, la bandiera ha innanzitutto valenza etica, diremmo esortativa, che nelle mani dell’alfiere, accompagnato dai tamburi che scandiscono le sequenze degli spostamenti delle milizie, incita a ben precise condotte destinate a dare rinnovata reputazione alla bellezza, alla virtù e alla nobiltà, una triade perfetta applicata dalla seconda metà del XIV sec. in senso estetico ed etico alla vita politica delle realtà signorili.

L’epoca comunale e delle crociate

Cavaliere con lancia in resta, Miniatura attribuita a Pacino di Buonaguida (XIV sec.), British Library, Royal 6 E IX, f. 24.

Durante il periodo comunale, in Italia, la bandiera è simbolo del Podestà, vessillo del Comune, gonfalone del Capitano del popolo, vexillum, quod Romani bandum appellant, confluito nelle consuetudini delle gerarchie feudali e, sin dal VI sec. d.C., di quelle ecclesiastiche. Per via delle crociate l’espansione dell’uso della bandiera è in relazione a una fitta rete di rapporti con tutti i territori non cristiani, che direttamente o mediamente da più lontane culture ne influenzano, condizionano e mutano forme e modi d’impiego: la cultura dinastico-sacrale dell’Islam, ad esempio, si mescola con lo sviluppo di una scienza araldica simbolica, che diviene sempre più manifestazione della coscienza della città, realizzando così una perfetta fusione tra il patriottismo cittadino e la tradizione comunale.

L’epoca signorile

Cavaliere con bigorda, Mostra permanente “Dulcissima gens Manfreda”, chiostro Bibl. Com. Manfrediana.

Agli albori dell’età moderna se il fenomeno sociale dell’incremento urbano e della riorganizzazione politica delle signorie alimenta una rinnovata esaltazione della bandiera, che rappresenta anche un gruppo professionale o una corporazione o arte (della lana, dei beccai, degli armaioli, dei sarti), nella cultura politico-militare di ancien régime invece non solo annuncia, anche con una ricca trattatistica, ‘la fortuna e la gloria delle battaglie’, quale straordinario mezzo che ‘forma le truppe e le centurie, le dispone ad intendere ed eseguire ‘l comando, le ritiene in ordinanza, e viene ad impiegar a tempo e senza confusione quelle parti dell’esercito che sanno di bisogno per acquistarsi la vittoria’ (Francesco Ferdinando Alfieri, La Picca e la Bandiera, Padova 1641), ma è anche occasione per ostentare maestria, gagliardia fisica e virtù cavalleresche proprie del ceto gentilizio.

La bandiera nel ‘600 e ‘700

È tra Sei e Settecento che la bandiera permette una definizione più decorativa, specie in periodi di pace, quando giochi equestri di ambito militare, parate, cavalcate, giostre e diverse altre cerimonie, come gli esercizi cavallereschi nei tornei di picca e di bandiera, vedono l’alfiere mostrare i vessilli di nobili, papi, città o eserciti, facendosi ammirare come un saltimbanco o un giocoliere della modernità per la sua destrezza, forza e leggiadria nell’‘inalberar lʼinsegna’.

Michele Orlando