Il ricordo dell’uomo e del cavaliere, a vent’anni dalla prematura scomparsa. Domenica 20 maggio al Rione Rosso è stata inaugurata la mostra dedicata all’indimenticato Gian Franco Ricci, simbolo non solo del rione di porta Imolese ma di tutto il Niballo Palio di Faenza. All’interno della esposizione sono raccolte foto, costumi e altro materiale documentario capaci di raccontare la vita e le gesta del cavaliere capaci di vincere tra gli anni ’60 e ’70 ben dieci edizioni del Niballo, anche se la fama e le gesta di Ricci non si fermano certo alla giostra faentina, ma sono arrivate in tutta Italia, dove ha impresso il suo nome nelle giostre più importanti. La mostra è ancora visitabile dal 18 al 22 giugno dalle ore 20-22.30; sabato 23 e domenica 24 giugno ore 10-12.
Gian Franco Ricci è scomparso il 15 aprile 1998 a soli 56 anni ed è tutt’ora ricordato come il miglior cavaliere espresso dalla scuola equestre di Faenza. Oltre al tanto materiale esposto, durante l’inaugurazione è Gianni Albonetti, uno dei suoi più importanti collaboratori, a ricordarci la sua figura. Gianni lo affiancava nella preparazione dei cavalli, gli dava una mano in tutto e seguiva le gare con lui.
Intervista a Gianni Albonetti
«Ho un ricordo bellissimo di Gian Franco, per me era più che un fratello. Ho vissuto tantissime serate con lui, in campagna con i cavalli, durante le quali capivi tutte le sue sensazioni ed emozioni mentre si preparava alle gare. L’ho conosciuto nel ’62, anche se all’epoca io ero di un altro rione». Nel ’72 Gian Franco Ricci, dopo dieci edizioni del Palio del Niballo vinte, lascia il Rione Rosso. All’epoca, dopo essere stato fermo due anni, il cavaliere poteva avere la possibilità di correre per un altro rione, mentre oggi il regolamento del Palio di Faenza prevede che il cavaliere, una volta corso il Palio con un rione, sia vincolato a vita ad esso. Non era così dunque allora, e Gian Franco Ricci approda dopo due anni di stop al Rione Verde, dove ha corso tre anni. Ed è in questa fase che inizia la vera e propria amicizia, prima ancora che collaborazione, con Gianni, che da lì in poi l’avrebbe seguito ovunque, condividendo con lui le gioie, le sconfitte e le (tante) vittorie. Nel ’75 Ricci lasciò il Rione Verde, ma Gianni Albonetti lo seguì un tutte le sue gare più importanti d’Italia: da Ascoli a Foligno passando per Arezzo. «E’ stata un’avventura bellissima – commenta Gianni – trascorrevo le mie ferie affiancandolo nelle gare, prendevo su con la famiglia e partivamo al suo fianco. Ho vissuto momenti indimenticabili: ne è valsa davvero la pena».
“Quella volta che la cavalla scivolava…”: i ‘segreti’ di Gian Franco Ricci
Perché vinceva sempre Gian Franco Ricci? Quale era il suo segreto? «Oltre all’estro e alla tecnica, aveva qualcosa in più – spiega Gianni – Cercava sempre di capire il perché delle cose sopratutto quando non andavano bene. Per esempio, avevamo una cavalla alla giostra di Foligno con la quale doveva correre. Questa cavalla, correndo sulla pista, scivolava in continuazione. Come ogni persona ha il suo modo di correre, lo stesso è per i cavalli, e lei aveva difficoltà a stare in piedi sulla pista». Gian Franco Ricci e Gianni Albonetti non si fermano alla prima difficoltà, e cercano una soluzione. «Un giorno prendemmo la cavalla e la sferrammo per quattro volte pur di trovarle i ferri giusti». Un po’ come quando, con le macchina di corsa, devi trovare la gomma giusta, spiega Gianni. E da questa difficoltà, nacquero nuove idee e soluzioni. «Inventammo dei ferri scavati, era la prima volta che venivano adoperati, dopo li hanno usati in tanti». Con questa nuova idea, si presentano alla giostra di Foligno e, tra lo stupore di tutti, si vide la cavalla non avere alcun problema nella corsa, cosa inimmaginabile per quello che si era visto durante le prove. «Mi accorsi che, quando hanno visto la cavalla che non scivolava, misero una telecamera a filmare per vedere come avevamo fatto con i ferri. C’è sempre stato qualcosa di innovativo nel nostro lavoro. Eravamo molto attenti anche a quello che facevano gli altri: anche il fantino che arriva ultimo in una giostra magari ha avuto comunque un’intuizione da prendere in considerazione. C’è sempre tutto da imparare, non si è mai arrivati».
Gli anni più belli di queste avventure e sfide, furono l’84-85: con sette gare in cui Gian Franco Ricci ottenne sette vittorie consecutive: tra Ascoli, Servigliano e Foligno, Castel del Rio. Nella mostra è presente anche la Coppa del 50° successo nelle giostre italiane ottenuto ad Ascoli a cui seguì una gran festa anche a Faenza.
La mostra è visitabile fino al giorno del 62° Palio del Niballo
Un legame così forte ha permesso a Gianni però di conoscere Gian Franco aldilà del lato puramente sportivo. «A livello umano era più di un fratello. Anche se a volte sembrava un po’ burbero era sempre disponibile a dare una mano per aiutare gli altri». Come quella volta ad Ascoli, quando alle 11 della mattina si presentò, prima di una gara che doveva svolgersi nel pomeriggio, il capo scuderia di un rione avversario, che chiese a Franco una mano. «Ci chiese di prestargli la cassetta dei ferri. Questo perché la loro cavalla, che doveva correre nel pomeriggio, si era cavata un ferro. Gian Franco rispose: “E il ferro chi glielo rimette su?”. Chiese questo perché il capo scuderia in questione non era proprio un esperto in questo, mentre Gian Franco aveva competenze anche nella ferratura. “Ah, glielo metteremo noi…” rispose il capo scuderia. Allora ci guardammo in faccia, io e Franco e lui disse “Prima che combiniate un casino, sarà meglio che venga io”. Un gesto umano, che ricordo con piacere ancora oggi». Come ci spiega Gianni, le leggende non muoiono mai.