Il 21 maggio scorso sono stati presentati alcuni nuovi costumi. Il rione Nero ha rinnovato i costumi del proprio gruppo musici; il rione Giallo invece vedrà sfilare per la prima volta le proprie vivandiere, oltre a d alcuni armati. La nostra attenzione però va ad una interessante figura proposta dal rione Verde, ovvero al Guardia di Porta Montanara. Il costume si caratterizza per una camicia in cotone bianco, sovrastata da un farsetto di colore morello (un viola molto scuro), calzato al di sopra da un giacchetto senza maniche. La parte inferiore comprende una calzabraga in livrea manfrediana. In testa invece calza un berretto con tesa risvoltata in panno di lana, ed è armato di daga e roncone.
L’importanza del controllo delle Porte per la città
Il costume vuole ricordare l’importanza che il controllo della porta – la guardia assisteva un capitano o ufficiale stipendiato dalle casse comunali addetto all’apertura e chiusura della stessa, oltre a sovraintendere all’ispezione, riscossione e verifica degli ingressi di persone e merci – aveva per l’amministrazione cittadina. Non solo: se si prendesse una carta di Faenza si noterebbe proprio come il rione Verde ebbe la maggior quantità di varchi nelle mura.
Come mai?
La prima traccia di mura faentine risale al 977
Il primo dato su cui interrogarsi è allora l’origine delle mura. Quelle che noi oggi vediamo sono le mura manfrediane volute da Astorgio II nella prima metà del XV secolo e proseguite poi da Carlo e Galeotto. Tuttavia la prima testimonianza delle mura faentine risale al 977, in un documento oggi conservato all’archivio arcivescovile di Ravenna. Alcuni ritrovamenti archeologici inoltre hanno potuto grosso modo aiutare a ricostruire il giro delle mura altomedievali. Federico Argnani inoltre, durante alcune opere di scavo nel XIX secolo, ha potuto vedere resti di mura che doveva molto probabilmente essere della prima porta Montanara, la quale si trovava nell’attuale incrocio tra via Castellani e corso Matteotti (piazzetta Santa Lucia). Vi era un’altra porta nel giro di mura, più a nord, detta “posterla Asaloni”, che prendeva il nome da un’importante famiglia che lì aveva la propria casa.

Guardia di Porta Montanara
La rinascita dell’anno Mille: il ruolo dell’abbazia di Santa Maria Foris Portam
La zona attorno allora a nord ovest di porta Montanara ebbe un importante boom edilizio proprio a partire dalla rinascita dell’anno Mille. Ruolo promotore fu forse svolto dall’importante abbazia di Santa Maria Foris Portam, la quale attraverso lasciti e donazioni, a cui si aggiungevano le plusvalenze derivanti dai raccolti che giungevano dai campi di proprietà dell’ordine, riuscì ad arricchirsi e a trasformare l’area che la circondava in un primo agglomerato extra urbano. E per proteggerlo nel 1224 il podestà Uberto da Oggiono fece innalzare, a poca distanza dalla chiesa stessa, una palizzata che chiudeva il primo ampliamento cittadino.
Nel 1232 Sotto la podesteria di Giacomo de Canzellario venne innalzata la “turris Leonis”, presso la chiesa di Santa Maria “foris Portam”: in corrispondenza del muro innalzato solo qualche anno prima, il podestà aveva fatto costruire quella che le fonti identificano come torre, ma nei fatti si trattava di una porta. Era quella che poi verrà chiamata porta “del Leone”, dall’insegna leonina che, recuperata vicino alla chiesa di Santa Maria Foris Portam, fu posta sopra l’ingresso della stessa (essa era posta, all’incirca, nell’attuale via Fiera). La città però, nel 1241, subì l’atterramento delle proprie difese, secondo le capitolazioni che Federico II impose dopo il lungo assedio dell’inverno 1240.
Il ruolo dei Manfredi
Con la sconfitta dell’imperatore subita a Parma nel 1248, le autonomie locali rialzarono la testa e ripresero vigore, riprendendo anche a Faenza il controllo sull’amministrazione e, dunque, anche sugli scambi da e per la città. Fu tuttavia con i Manfredi, ed esattamente con Astorgio I, che le mura furono rinnalzate, comprendendo anche quell’area che abbiamo visto essere difesa da una palizzata. La porta degli Asaloni, venne spostata più avanti, circa all’altezza dell’attuale via Portello.
Nel 1371 il legato per la Romagna, il cardinale Egidio Albornoz, costruì una rocca poco lontano dalla nuova porta degli Asaloni: l’area compresa tra porta Montanara e porta Imolese ospitò allora la rocca di Faenza, che qui rimase sino al XVIII secolo quando fu atterrata dal vescovo Cantoni per costruirvi l’Ospedale Civile.
Le varie risistemazione manfrediane delle porte fecero tuttavia scomparire le due porte che avevano avuto, per lungo tempo, un importante ruolo per quella parte di città. Il Rione Verde dunque tornava ad avere un unico varco (Porta Montanara), oltre al piccolo passaggio che lo congiungeva alla Rocca, valicando il fossato (ricordata come Porta Regia).
Ricostruire allora le vicende della guardia di Porta Montanara vuol dire rievocare, attraverso la figura nel corteo storico, l’importanza non tanto del toponimo, quanto più del ruolo che il controllo dei rapporti tra contado e città, tra “villeggianti” e popolazione residente, aveva nel Medioevo e nell’epoca Manfrediana.
Mattia Randi