Lo studio del passato attraverso il lavoro di ricerca delle fonti e i continui rimandi al patrimonio librario e documentale di archivi e biblioteche pubblici e privati, oltre che alla mole impolverata di rivoli di carte, rotoli, codici e registri sparsi in ambienti ecclesiastici dimostra che inevitabilmente a tali fonti non è possibile sottrarsi per la comprensione della società medievale in tutte le sue componenti. Vale anche per il Medioevo faentino che, nell’arco di tempo che va dall’inizio del Duecento alla fine della vicenda signorile dei Manfredi nei primi anni del Cinquecento, ha lasciato una discreta quantità di materiali diplomatici, archivistici e cronachistici, impolverati e nascosti, in attesa da troppi anni ormai di essere indagati con maggiore profondità e ampiezza.
Sebbene sia qui insufficiente lo spazio per approfondire tali questioni, non mi è parso fuori luogo sottolineare a un pubblico di lettori diverso da quello degli specialisti l’importanza di una famiglia del territorio rionale che, come quella dei Cittadini, ha avuto uno spazio importante nel contesto cittadino. Mi riferisco ai Quarantini.
La prima testimonianza della famiglia nel 1159

Armoriale dei Quarantini (de’ Mazzi).
La presenza della famiglia viene attestata in vecchi repertori come quello della Enciclopedia storico-nobiliare italiana(vol. V, 1932) del marchese nonché genealogista, storico e araldista italiano Vittorio Spreti, dallo storico Giulio Cesare Tonduzzi nelle Historie di Faenza(1675), e da diversi atti notarili conservati nell’Archivio notarile di Faenza.
Mons. Giuseppe Rossini ebbe modo di riordinare l’interessante patrimonio documentale, pervenutoci nonostante la distruzione degli antichi fondi in conseguenza di disastrosi incendi, il ricordo dei quali, fin dai primi tempi in cui il Comune veniva costituendosi, ci è stato tramandato dai cronisti locali. Nello Schedario faentino mons. Rossini raccolse notizie sulla famiglia Quarantini, conosciuta anche nella variante di Quarentini. Questo casato, di chiara e antica nobiltà, originaria della Toscana, fa risalire le prime memorie al 1159, in una pergamena dell’archivio Azzurrini, dove si legge di un Drudo, di Albertino Mazzi: il cognome inoltre circola anche nella variante Delle Mazze. Come attesta lo Spreti e lo stesso Rossini, nello stemma gentilizio dei Quarantini figurano proprio tre mazze, annodate insieme da una fettuccia.
Nel 1302 il capitano di Faenza Maghinardo Pagani di Susinana raccomanda nel suo testamento i suoi eredi e legatari alla protezione delle principali famiglie della città, nominando anche quella de’ Mazzi con le parole:
Et nobiles de domo de Mazis […] Insuper precor toto affectu supradictos nobiles et nominatos Faventia et Imola er Comitatos ac caeteros alios nobiles amicos praedictarum Civitatum et Comitatum earundem quod pro amore quem habui et habeo erga eos et honore sui et ad perpetuam memoriam amicitiae iugiter conservatae, et cum meis posteris conservandae praestent eorum consilium, auxilium et favorem praedictis Haeredibus meis etc. protegant, et defendant ab iniuriis, incursibus etc..
Sotto i Manfredi, i membri della famiglia sono tra gli Anziani della città

Stemma della fam. Zanelli-Quarantini, esposto nella Biblioteca Manfrediana.
Nel 1453, sotto la signoria di Astorgio II, un Matius Quarantini de Mazzis de Faventia (ovvero Masio Quarantini) è annoverato tra gli Anziani della città “soprastanti al Reggimento pubblico”.
Intorno al 1456-58 la famiglia muta il nome da un certo Quarantino de Mazzis de Faventia, il cui figlio Masio viene citato tra i componenti del Consiglio Antianorum, che insieme al Consilium Generale Centum Sapientiume ad altri consigli minori, come quello dei Duodecim, dei Sexagintaecc., costituiva l’ossatura del potere legislativo del Comune manfredo. Uno strumento notarile rogato il 29 maggio 1485, conservato nell’Archivio di Stato di Ravenna, sez. di Faenza, riporta la notizia dell’acquisizione di una cappella gentilizia nella chiesa di S. Francesco ‘ad usum sepulchri familiaris’.
Banchieri e mercanti di lana
Nel corso del Quattrocento vari componenti della famiglia si confermano attivi nell’ambito del settore tessile, in modo particolare della lana: al 19 giugno 1421 Masio Quarantini, figlio di Guido, risulta praticare l’attività di drappiere, sarto e stracciaio; mentre un documento notarile del 3 marzo 1449 attesta che presso la scala dei baratti, attigua al palazzo comunale, vi fosse una ‘bottega’ dei Quarantini, presumibilmente roteante intorno alla produzione o lavorazione laniera. Intorno agli anni ’60 del Quattrocento, membri della famiglia risultano addirittura banchieri e mercanti di panni di lana; al 15-16 agosto 1485 risale invece l’elezione di un noto membro della famiglia, Francesco, a console dell’Arte della lana. Del maggio 1493 è la notizia di un notaio nella famiglia e all’aprile del 1500 è possibile ascrivere a Francesco Quarantini, oltre al ruolo di funzionario conservatore al Monte di Pietà in Porta Ravegnana, l’‘officium gabelle’, fondamentale nella vita amministrativa del Comune, cui era affidato il bollo (bulla, sigillum) comunale, col quale dovevano esser bollate le misure, i pesi, le castellate, i sacchi di frumento, biade o farina presso i mulini. Gli ufficiali della Gabella avevano cura di far venire da Bologna i campioni dei pesi e delle misure e secondo quelli regolare i pesi e le misure faentine, conservandoli a disposizione dell’Ufficiale del Podestà preposto agli affari straordinari.
Un esponente di spicco: il medico e poeta Giovan Battista Quarantini
Di detta famiglia abbiamo ulteriori notizie dallo stesso Giovanni Benedetto Mittarelli (1707-1777), abate camaldolese dei Sant’Ippolito e Lorenzo in Faenza nonché generale dell’ordine: l’abate riporta l’esistenza di una lapide funeraria in pietra serena di Anna Quarantini, per lo scalpello dello scultore faentino Pietro Barilotti (1481? – 1553), maritatasi al faentino di Porta Montanara Sigismondo Bonaccorsi e morta il 15 giugno 1544. La targa ansata inscritta è sormontata da un vaso di fiori, con due delfini che si fronteggiano nel piede di questo; sotto è lo stemma con due cornucopie disposte simmetricamente e in tutto simili a quelle della parte inferiore del Monumento Severoli (cfr. Carlo Grigioni, Lega 1962). Il Valgimigli, nel catalogo dei pittori faentini del XVI sec., riporta che del faentino Giacomo Bertucci, detto Jacopone, “parimenti stette pel dianzi appo la famiglia Quarantini un ritratto di donna, reputata una fantesca del pittore”. Nel 1592, a ricordare altresì le radici toscane della famiglia, due figli di Francesco Quarantini, Quarantino e Lattanzio, vestono l’abito dei Cavalieri di Santo Stefano di Toscana, fondato da Cosimo I de’ Medici, Granduca di Toscana, su imitazione degli ordini Gerosolimitani e ispanici.
La famiglia annovera un altro esponente di spicco: si tratta di Giovan Battista Quarantini, attivo come medico e poeta nel corso del XVI secolo. Di questi il Mittarelli e Francesco Maria Costantini (1639-1713), giurista di nobile famiglia marchigiana, ci menzionano la composizione nel 1525 di “Epigrammata duo; quorum prior est in laudem Nicolai Castellami qui Elencha Aristotelis in latinum Verterat; alter autem laudat Hieronymum Armellini impugnatorem doctrinae Tiberii Calabri”. All’opera Jesus vincit, del poeta faentino fra’ Girolamo Armellini, inquisitore dell’ordine dei Predicatori, il Quarantini dedica un esastico (epigramma di sei versi):

frontespizio dell’opera di Girolamo Armellini. Jesus vincit (1525), con epigramma di G.B. Quarantini
Pia age / doctorum volites ad tecta virorum,
Vera Armellini / scripte libelle manu.
Authoris Calabri / fidei concordibus almae
Sensibus / evertas dogmata ficta tuis.
Atque Faventinam mirandis laudibus urbe,
Extolle, et Christi tegmine tutus eas.

Palazzo Mengolini-Sali, poi Zanelli-Quarantini (sec. XVI)
Al 1819 risale invece la notizia di un Lattanzio Quarantini, chiamato a succedere Pietro Mazzolani al Gonfalonierato, una carica tra le più alte nel governo cittadino, tenuta solo per brevissimo tempo. Alterne vicende familiari, oscillanti tra buona e contrastante reputazione, intrinsecamente legate al locale stato di cose della Restaurazione, fecero sì che i Quarantini, già dalla fine del Settecento e fino agli anni Trenta dell’Ottocento, rinforzassero il proprio posizionamento sociale espresso dalla carica del conte Lattanzio e quindi ricorrendo all’acquisto di simboli di status con acquisizioni di un cospicuo patrimonio, consistente in beni economici e fondiari, come il palazzo rinascimentale Mengolini Sali dai Ginnasi in via Cavour, oltre che di altri edifici dalla famiglia Conti, come la villa delle Fabbriche sulla via Emilia di ponente. Tutte queste proprietà confluirono nelle mani della famiglia Zanelli, allorché l’ultima esponente della famiglia, Santa Quarantini, entra sposa in quest’ultima famiglia. Alcuni membri dei Quarantini, Giovanni e Giuseppe, in età garibaldina presero parte dell’esercito come ‘volontari della difesa della patria’.
Michele Orlando